La fortuna di Plinio

Questa sezione offre alcuni approfondimenti sull’impatto che la Naturalis Historia di Plinio ha avuto e continua ancora ad avere in diverse società ed epoche. 

Manoscritto della “Naturalis Historia” dall’Abbazia di Saint-Vincent di Le Mans, metà del XII sec. Le Mans, Médiathèque Louis Aragon, ms. 263, f. 10v.

Edizione su pergamena della traduzione di Cristoforo Landino, 1478. Manchester, John Rylands University Library, incunabolo n. 3380.

La fortuna di Plinio dalla tarda antichità all’epoca moderna


Eliana Carrara – Nicoletta Marcelli

Il saggio che qui si propone intende affrontare un tema assai ampio e articolato quale la fortuna della Naturalis Historia dalla tarda Antichità fino all’età moderna (e più precisamente al XVII secolo).
Il nostro intento mira, senza ambire all’esaustività, ad offrire nelle pagine seguenti un qualche appiglio, una specie di filo di Arianna, grazie al quale muoversi nel lungo, ed erto, percorso che va dai primi testimoni dell’opera di Plinio, risalenti al V secolo d.C., per poi proseguire attraverso la sua trasmissione grazie agli scriptoria monastici e alla rinascita carolingia fino alla sua diffusione per mezzo della stampa e, quindi, all’affermarsi dell’editoria nel XVI secolo. La storia testuale della Naturalis Historia si intreccia, così, con quella di molti uomini di cultura, laici o religiosi, che si sono adoperati per la conservazione materiale dell’opera nei vari codici, copiandoli manualmente su pergamena e poi su carta, o che hanno cercato di emendare errori e lacune dei testimoni manoscritti, al fine di costituire un testo il più possibile scevro da ogni pecca.

La fortuna dell’unica enciclopedia del mondo antico che ci sia giunta deve molto anche a tutti quegli uomini di lettere che l’hanno citata o sunteggiata nelle proprie opere o che hanno lasciato glosse esplicative (o a volte piene di dubbi, ma anche questi per noi preziosi per spiegarci che cosa sapessero e quali domande si facessero di fronte a un testo simile) lungo i margini dei codici della Naturalis Historia che possedevano o che avevano avuto modo di consultare: e i nomi di Francesco Petrarca e di Poliziano sono particolarmente significativi per tale consuetudine. Così com’è stata importante l’attività di volgarizzatore di Cristoforo Landino, che nella Firenze di Lorenzo il Magnifico si incaricò di rendere leggibile anche a chi non aveva troppa dimestichezza con il latino il testo di Plinio.

La Naturalis Historia poté in tal modo essere compulsata liberamente pure dagli artisti e confermarsi non solo quale straordinario repositorium da cui attingere informazioni sulle arti, sugli artisti e le tecniche del passato oppure affermarsi quale banco di prova per misurare le proprie capacità creative (in un teso confronto fra Antichi e Moderni), ma divenire il testimone privilegiato della stessa valenza sociale dell’artista grazie al paragone con gli esempi celebri della classicità: basti il nome di Apelle e il suo rapporto con Alessandro Magno. Citata, copiata, tradotta, l’opera di Plinio fu pure oggetto di una serie numerosa di derivazioni iconografiche, con raffigurazioni ispirate dalle vicende degli artisti più famosi o dalle opere antiche inesorabilmente perdute ma celebrate dallo scrittore romano, la cui attendibilità venne provata in modo palese dalla scoperta del Laocoonte, avvenuta a Roma nel 1506 e tramandataci da numerose testimonianze dell’epoca.

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